Lazio con applicazione, sterilità e carenze: non solo Dele, il centrocampo non crea e fatica sotto pressione. La qualità solo da Tavares e Zac

Lazio con applicazione, sterilità e carenze: non solo Dele, il centrocampo non crea e fatica sotto pressione. La qualità solo da Tavares e Zac

Amichevoli

Condividi l'articolo

Premessa doverosa, il Fenerbahçe sta per giocarsi il suo destino Champions con il Feyenoord.

È nettamente avanti nelle certezze e nella condizione. Si nota bene lo scarto durante il monologo dei primi 20’ dei turchi: la Lazio è passiva, pressa poco e male, la difesa resta bassa, c’è più attenzione alle mansioni piuttosto che a reagire, a scuotersi. Lavora tanto in fase di non possesso, ma il vero problema è la difficoltà a trovare uscite pulite dalla pressione collettiva dei padroni di casa. Questione di smarcamento dei centrocampisti, ma anche di qualitá nella gestione del pallone. È il punto debole di una mediana che corre tanto ma non brilla per tecnica. La stessa che servirebbe per sfruttare meglio il tentativo di riscatto della seconda parte di prima frazione. Ci sono più spazi, la manovra migliora, ma negli ultimi 30 metri si fa piatta. Scolastica. Pochi spunti, invenzioni, combinazioni orizzontali. Se non fosse per l’asse di sinistra Tavares-Zaccagni che accelera, duetta, crea presupposti, sarebbe notte fonda. Non basta: Cancellieri dall’altra parte è macchinoso (non salta mai l’uomo) Lazzari impreciso. Taty nervoso, non è mai in condizione di guardare la porta. Svaria, aiuta il centrocampo a trovare l’appoggio, poi peró Dele-Bashiru non arriva mai con i tempi giusti a riempire l’area. Spaesato il nigeriano, raramente nella posizione giusta. Evanescente lui, già determinanti nei recuperi, invece, Gila e Guendouzi. Aiuta anche a reggere l’urto la ritrovata serenità tra i pali di Provedel. Alla fine è più lui che imposta che Rovella. Si va diretti in avanti per aggirare il pressing di chi fa la gara. 

Le note positive: la squadra di Sarri nel complesso tiene botta, è già nel tessuto agonistico delle gare che contano, è applicata ma anche frenata. Un po’ dalle carenze tecniche, ma anche da uno spartito che ancora non va a memoria. La conseguenza: produzione offensiva sterile, poche occasioni da gol costruite, evanescenti tentativi verso la porta avversaria e poca convinzione nel dare intensità e costanza al pressing sui portatori. Un vorrei ancora poco sincronizzato, un ibrido che mantiene la posizione senza ancora una propria inclinazione. 

Non è un caso se in apertura di ripresa, Sarri cambia subito anche due/terzi di centrocampo. Fuori Dele e Rovella, dentro Cataldi e Vecino. C’è più ritmo, maggiore gestione, più recuperi e di conseguenza maggiore controllo della gara. Fino all’errore grave di Guendouzi che gestisce male sotto pressione e regala con un retro passaggio sciagurato l’1-0 ai gialloblu. Capitola nel suo miglior momento e la modalità ci riporta al difetto di inizio focus: la gestione del pallone dei centrocampisti – e non solo – quando l’avversario decide di togliere spazio e tempo di giocata. Tema che si ripropone anche quando c’è da inventare. Non si sfonda mai centralmente, alla fine non resta che girare a largo affidandosi alle corsie esterne. Presenti ma non ispirate. Un tiro in porta in 90’ e diverse possibilità potenziali non finalizzate per mancanze nell’ultimo passaggio sono la logica conseguenza. Ora si resta in Turchia, la prossima contro il Gala di Osimhen sarà ancora più complicata. C’è da lavorare, magari anche di valutare alternative tattiche. Ma alla fine sono i valori in gioco a rendere a concretizzare idee e possibili soluzioni. E neanche a dirlo, mercato e società in tal senso non possono essere d’aiuto.