Felipe vs Anderson: meno fantasia, più tattica

Felipe vs Anderson: meno fantasia, più tattica

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Anderson, si è spenta la luce

Si è spenta la luce.

Ma paradossalmente la lampadina così serve anche di più. Felipe Anderson non è più quello della sua prima esperienza alla Lazio (dal 2013 al 2018): non lo è per spunti e iniziative, decisamente diminuite, ma non lo è soprattutto per l’atteggiamento. Tatticamente è molto più attento, gioca più di squadra. Difende, corre, copre. Proprio per questo il tecnico Maurizio Sarri non ha mai rinunciato a lui. Da quando il brasiliano è tornato non ha saltato una partita: 114 presenze su 114. Eppure entusiasma meno. Il calcio per i tifosi è l’emozione che genera una giocata, un dribbling, un gol. Il brasiliano nel 2014-15, la sua stagione migliore nella prima esperienza laziale, ha chiuso il campionato avendo perso più palloni di qualsiasi altro giocatore. Eppure i laziali erano innamorati di lui. Illuminò l’Olimpico nella gara, serale, giocata con la Sampdoria: dribbling secco e assist per Parolo per l’1-0, siluro dai 30 metri per il 2-0, scatto bruciante e altri dribbling prima di servire a Djordjevic la palla per il 3-0. Con Pioli, il tecnico di allora, svariava per tutto l’attacco, era libero di inventare e di emozionare. C’erano anche partite negative (quell’anno a Napoli, nell’ultima di campionato, venne sostituito mentre piangeva perché, perdendo palla, aveva causato il gol del momentaneo 2-2 di Higuain mettendo a rischio il terzo posto finale della squadra), ma il più delle volte entusiasmava. Proprio perché rischiava, accettando il pericolo di perdere qualche pallone in più. Nell’attuale edizione della Serie A Felipe è l’undicesimo giocatore per dribbling tentati: il giovane Soulé (classe 2003) del Frosinone, ha puntato l’avversario più del doppio delle volte rispetto a lui (80 a 34). Non solo: Felipe è infatti riuscito solo in 13 occasioni a saltare chi gli stava di fronte. Cancellieri e Jovane Cabral, solo per fare nomi di giocatori passati per Roma e bocciati da Sarri, hanno scartato gli avversari con maggiore frequenza, ma entrambi hanno perso più palloni. Quando il tecnico biancoceleste si lamenta del fatto che i suoi giocatori puntano meno l’uomo rispetto al passato, bisogna anche sottolineare che hanno maggiori compiti tattici. E se è vero che garantiscono maggiore equilibrio, lo è anche il fatto che Anderson oggi è meno entusiasmante. E in fase offensiva (non considerare i gol dell’anno scorso, molti arrivati da punta centrale) si vede. Una minore freschezza fisica, a 30 anni, è naturale. La tattica estrema invece lo snatura.