Opinionisti

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Bruno Giordano

Bruno Giordano

Nato nel popolare rione romano di Trastevere,[7] venne scoperto all’età di 13 anni da un ex giocatore della Lazio, Enrique Flamini, che lo portò nel club biancoceleste.[8] Nei ruoli di ala destra o mezza punta vinse il campionato Primavera nella stagione 1975-1976, in squadra con Andrea Agostinelli, Lionello Manfredonia, Stefano Di Chiara e altri talenti.[8] Il 5 ottobre 1975 debuttò in Serie A grazie all’allenatore Giulio Corsini; quel giorno, proprio su passaggio di Giorgio Chinaglia, a Marassi contro la Sampdoria, Giordano segnò all’89’ il gol della vittoria laziale. L’anno successivo il tecnico Tommaso Maestrelli gli affidò la maglia numero 9, che in precedenza era dell’idolo biancoceleste Chinaglia, trasferitosi nel frattempo ai New York Cosmos. Divenuto ben presto un punto fermo dell’undici capitolino, al termine della stagione 1978-1979 si laureò capocannoniere della Serie A con 19 reti. Questo positivo momento s’interruppe nel 1980, quandò finì coinvolto nello scandalo del Totonero scoppiato il 23 marzo con l’arresto a Pescara, a fine partita, di Massimo Cacciatori, Lionello Manfredonia, Giuseppe Wilson e dello stesso Giordano: l’affaire porterà alla retrocessione d’ufficio in Serie B della Lazio. Condannato dalla giustizia sportiva a 3 anni e 6 mesi (come pure Manfredonia), gli furono condonati un anno e sei mesi in seguito alla vittoria azzurra al campionato del mondo 1982;[9] la giustizia ordinaria lo aveva invece già assolto e dichiarato innocente, il 22 dicembre 1980, per «non aver commesso il fatto».[10] Poté rientrare in squadra in occasione del campionato di Serie B 1982-1983, dove con 18 gol trascinò la squadra verso la promozione in Serie A, primeggiando al contempo nella classifica marcatori. Nel 1983, nella trasferta di Ascoli, s’infortunò gravemente in uno scontro con l’ascolano Antonio Bogoni, rimediando la rottura di tibia e perone; al suo rientro contribuì comunque alla causa biancoceleste, rivelandosi decisivo in una corsa alla salvezza colta all’ultima giornata, nella trasferta di Pisa. Nella stagione 1984-1985, tuttavia, le sue reti non bastarono a evitare alla Lazio una nuova caduta in Serie B. Lasciò quindi la formazione biancoceleste, dopo dieci anni di militanza in cui totalizzò 108 gol totali, che ne fanno tuttora il quinto bomber di sempre della storia laziale. Napoli, Ascoli e Bologna Da sinistra: Giordano, Careca e Maradona, il trio d’attacco “MaGiCa” del Napoli nella stagione 1987-1988 La sua carriera continuò quindi nel Napoli di Diego Armando Maradona, dove arrivò nell’estate 1985 per la cifra di oltre 5 miliardi di lire,[11] e col quale vinse nella stagione 1986-1987 uno storico double composto dallo scudetto, il primo nella storia del club partenopeo, e dalla Coppa Italia. Negli anni sotto al Vesuvio fece parte del cosiddetto tridente “MaGiCa”, prima con Maradona e Andrea Carnevale, e poi nell’annata 1987-1988 con Maradona e il neoacquisto Careca. Proprio questa sarà tuttavia l’ultima stagione di Giordano in maglia azzurra, di fatto defenestrato dalla società insieme ad altri tre compagni di spogliatoio (Salvatore Bagni, Moreno Ferrario e Claudio Garella) dopo la crisi di risultati che nel finale di campionato vide il Napoli, fin lì a un passo dal bis scudetto, clamorosamente rimontato e superato dal Milan: tale harakiri venne attribuito, da taluni, proprio alla presunta ribellione dei succitati quattro nei confronti dell’allenatore Ottavio Bianchi.[12] Seppur tale circostanza sia stata in seguito sempre smentita dai diretti interessati,[13] l’amaro epilogo di stagione segnò comunque la fine del rapporto tra i quattro e il club azzurro.[14]Giordano esultante all’Ascoli al termine del campionato di Serie B 1990-1991, per la sopraggiunta promozione della squadra in Serie A. Lasciata la Campania, Giordano si spostò in provincia, proseguendo la carriera dapprima nell’Ascoli, poi nel campionato 1989-1990 al Bologna e infine di nuovo ad Ascoli Piceno, dove, nella stagione 1990-1991, contribuì a riportare il club in massima categoria: qui Giordano chiuse la carriera agonistica nel 1992. In questi anni conclusivi, diminuì via via il suo bottino sottorete, pur superando comunque il traguardo dei 100 gol in Serie A, toccato con la maglia ascolana.

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Giulio Cardone

Giulio Cardone

Doppia cittadinanza (romana e vastese), è considerato il decano dei giornalisti che seguono la Lazio: lo fa da 30 anni. Prima per Paese Sera del mitico Mimmo De Grandis, poi per Il Tempo (’94-’97) e dal 15 novembre ’97 per Repubblica. Inventore del “cardomercato”, è esperto di calciomercato internazionale e cita con insopportabile spocchia i mille scoop della lunga carriera. Fino al 2016 si è sempre tenuto alla larga dal frullatore radio & social, poi nella primavera di quell’anno Guido “Nostalgia” De Angelis lo convinse a iniziare l’avventura con Radiosei. Nel frullatore, a volte si trova a disagio – è un cronista “costretto” a fare l’opinionista – ma di solito si diverte. Ormai di culto la sua rubrica “La città nel pallone”, il blob delle radio romane dal 1998 su Repubblica ogni lunedì di campionato. Dal 18 febbraio 2019 dirige con  passione la banda di Sololalazio.it. Laziale acquisito ma innamorato perso, combatte quotidianamente – senza alcun risultato – il leggendario pessimismo del tifoso biancoceleste. Per lui il bicchiere è quasi sempre mezzo pieno. E altrettanto inutilmente lotta affinché nel mondo del pallone non ci si prenda troppo sul serio. Lo definiscono onesto intellettualmente ed equilibrato, ma chi gli è vicino è invece rassegnato alla sua follia nonché al pericoloso gusto di nuotare controcorrente. Pregio: gli piace scoprire e crescere giovani giornalisti di talento. Difetto: l’eccessiva competenza calcistica spesso tracima in una presunzione fastidiosa. Segni particolari: inconsolabile mancanza delle sue giocate – colpi mancini – sui campi di calcetto di tutta Roma. 

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Giancarlo Oddi

Giancarlo Oddi

Comincia a giocare da ragazzino nel Santos Roma, la squadra del suo quartiere (il Tufello) ed a quel tempo viene descritto come una promettente mezz’ala. A quattordici anni passa al GATE, la squadra del quotidiano Paese Sera per poi essere acquistato l’anno successivo dall’Almas Roma del quartiere San Giovanni. Qui Oddi arretra la sua posizione in campo trasformandosi prima in mediano di spinta, poi in libero e alla fine in terzino destro. I piedi non sono raffinati ma mostra già il carattere agonistico sebbene non abbia ancora vent’anni, tanto che nel 1967 gli osservatori della Lazio lo portano ai campi d’allenamento di Tor di Quinto. Nella stagione 1967-68 entra nella Primavera, vince il campionato De Martino e fa una presenza in Serie B. L’anno successivo, per problemi economici della famiglia, chiede di andare a giocare in provincia e la Lazio lo presta al Sora in Serie D dove fa un buon campionato. Un anno dopo è di nuovo a Roma ma racimola solo 3 presenze e per il campionato 1970-71 va a giocare nella Massese, in Serie B. Tornato per la terza volta alla Lazio nel stagione 1971-72, primo anno di Tommaso Maestrelli alla guida dei biancocelesti, gioca dieci partite e contribuisce alla promozione in Serie A. Per un triennio gioca 30 partite su 30 senza mai uscire nemmeno per un minuto. Riveste il ruolo di stopper puro con grande affidabilità, sempre incollato al centravanti avversario ed esentato dai compiti di manovra, sebbene sia uno dei pochi stopper a giocare con entrambi i piedi e non gli manchino lucidità e visione di gioco. È uno dei migliori difensori tra il 1972 e il 1974 e con Wilson e Martini fanno una diga difensiva quasi insormontabile. Nell’estate del 1973 ha richieste da tutte le squadre del nord, ma il presidente Lenzini e soprattutto Maestrelli, rifiutano qualsiasi ipotesi di trattativa per il suo cartellino. Si consolerà con lo Scudetto del 1974 vinto da romano nel suo stadio. La sera dei festeggiamenti fu derubato della sua auto con dentro il giaccone di pelle che, scaramanticamente, portava anche quando faceva un caldo da spiaggia. La macchina fu ritrovata pochi giorni dopo, ma del giaccone non ebbe più traccia. La stagione 1974-75 lo vide sempre protagonista, ma la malattia dell’allenatore fu un colpo tremendo per tutta la squadra che non si ripeté ai livelli della stagione precedente. Oddi al Cesena nel 1977, mentre contrasta lo stacco di testa dello juventino Bettega nella sfida di Coppa Italia (0-0) del 28 agosto 1977 a Torino; osservano l’azione Causio, Boninsegna e Beatrice.Con Maestrelli malato, la società capitolina compie l’errore di smembrare la squadra. A tal conto, il capitano Pino Wilson aveva manifestato, sin dagli inizi, una contrarietà a tale scelta poiché veniva di fatto ridimensionata quella forte squadra, sapientemente costruita dal loro amato allenatore Tommaso Maestrelli.[2] Così su indicazione del nuovo tecnico Corsini, spinto anch’egli da cattivi suggerimenti, anche Oddi viene ceduto, dopo 132 presenze in sei anni di Lazio. Finisce, insieme al regista Mario Frustalupi, tra le file del Cesena in cambio di Ammoniaci e Brignani, facendo la fortuna del piccolo club romagnolo che centrò la qualificazione in Coppa UEFA l’anno successivo. Nel Cesena Oddi trascorre otto lunghi anni tra Serie A e Serie B ma il desiderio di tornare a Roma è così forte che nel 1983, a trentacinque anni, accetta di buon grado la chiamata dalla Lodigiani in Serie C2, dove rimane un altro anno prima di terminare la sua carriera di calciatore. Ma il calcio è la sua vita ,quindi Radiosei lo arruola tra le file dei suoi opinionisti perchè pochissimi sanno parlare di calcio e di Lazio come Lui …e la passione continua dietro ai microfoni.

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